Da giorni eravamo in tanti a chiederci da dove provenisse tutto quel benessere esibito dai fratelli Bianchi attraverso i canali social: suv, barche, hotel di lusso, postati con disinvoltura sul proprio profilo Facebook come si fa con i bucatini alla amatriciana o i babà alla crema. Parliamo dei presunti assassini del povero Willy, il ventunenne di origini capoverdiane ucciso brutalmente a Colleferro per aver tentato di fermare una rissa. In un primo momento ero stato ingannato anch’io: se nella vita non hai né arte e né parte, come quei due, tanti soldi possono arrivare solo dalla droga o da altri “commerci” illeciti. Invece la sorpresa: Marco e Gabriele Bianchi, ora a meditare nelle patrie galere, si godevano la vita con i soldi del Reddito di cittadinanza e avevano già incassato più di 30.000 euro in un solo anno. Già, brutta cosa scoprire che con le nostre tasse, oltre a garantire una entrata fissa a boss mafiosi, professionisti che dichiarano 0 e guadagnano 100, manteniamo anche questi due palestrati che trascorrono metà delle loro giornate a riempirsi i bicipiti di inchiostro e l’altra metà a dare la caccia al “nero”. Io ricordo ancora gli esponenti di governo del Movimento 5 stelle quando, brindando con le bollicine dai balconi di Palazzo Chigi, gridavano al Paese: “Abbiamo sconfitto la povertà!”. Già, ma non la vergogna. (s.o.)
