Sul caso Regeni le autorità del Cairo continuano a lanciare ammiccamenti a chi è convinto che il giovane ricercatore italiano si trovasse in Egitto per chissà quale missione “segreta” prima di finire nelle mani dei suoi aguzzini. Dicono e non dicono, ma è come se volessero fare capire di essere dalla parte del giusto mentre in Italia i genitori di Giulio, e gran parte dell’opinione pubblica, pretendono una parola di verità dalle autorità egiziane. Qualunque essa sia, a questo punto. Invece nessuno parla, che è già una subdola ammissione di colpevolezza. Ma non è meno colpevole il governo italiano, dove è difficile ipotizzare che nessuno sappia come siano andate davvero le cose. Un Paese altrettanto bravo a difendere da decenni i suoi misteri: da Ustica a Bologna, tenendo ben chiusi i suoi archivi nella camera oscura dei segreti di Stato. E allora, meno ipocrisia, meno preghiere a mani giunte e un po’ più di coraggio nel raccontare come sono andate davvero le cose. Cose di tutti, non solo vostre. (s.o.)
